Il tema relativo all’utilizzo delle immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza e, soprattutto, al termine di conservazione di quelle immagini, è tema di particolare attualità.
Sempre più spesso accade, infatti, che dette immagini siano di ausilio anche per finalità investigative.
Vediamo allora quali sono le indicazioni che l’ordinamento ha previsto, soprattutto attraverso i provvedimenti dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali
La medesima con un primo provvedimento datato 8 aprile 2010 aveva stabilito precisi vincoli a cui doversi attenere per utilizzare gli impianti di videosorveglianza.
Si prevedeva, tra l’altro, l’obbligo di garantire che dati ed immagini raccolte fossero “protette con idonee e preventive misure di sicurezza” prevedendo un periodo massimo di conservazione di ventiquattro ore.
Sola eccezione in caso di speciali esigenze di “proroga” dovuta a festività o chiusura di uffici o esercizi o per adempiere a specifiche richieste investigative dell’autorità giudiziaria.
Inoltre, si accordava a soggetti determinati, Comuni, Banche etc, la possibilità di conservare le immagini fino a sette giorni, nel caso in cui l’attività di videosorveglianza fosse finalizzata alla tutela di interessi meritevoli, come la sicurezza pubblica.
L’unico caso, poi, in cui i termini di conservazione potevano essere prolungati per un periodo superiore alla settimana, laddove si avesse specifica richiesta, così come statuito dall’articolo 17 del Codice della Privacy, Decreto Legislativo n. 196 del 2003, in caso di rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali.
Tale limite settimanale è stato poi successivamente previsto anche per i sistemi di videosorveglianza attivati dai Comuni, ma solo nel caso in cui l’attività fosse finalizzata alla tutela della sicurezza pubblica.
Senonché, siffatte rigorose linee d’indirizzo si sono scontrate, invece, con più recenti pronunce del Garante sullo stesso tema.
Si è, infati, fatta ancor più evidente la tendenza dell’Autorità a concedere prolungamenti dei termini per la conservazione delle immagini, arrivando addirittura dai 90 giorni ai 24 mesi.
Di tutta evidenza, sul punto, una decisione del 2015 in base al quale l’Anas – Autostrade per l’Italia Spa, in relazione al trattamento di immagini raccolte da un impianto di videosorveglianza installato presso le casse automatiche collocate all’interno di fabbricati presso i caselli di pagamento del pedaggio delle tratte autostradali gestite dalla società, è stata autorizzata alla conservazione delle immagini fino a un termine massimo di venti giorni.
Ciò, in ragione del fatto che la conservazione delle immagini per un periodo di tempo più ampio rispetto a quello prescritto nella normalità dei casi, è stata ritenuta necessaria per poter visionare immagini relative a eventi (“furti, rapine o discrepanze tra le somme dichiarate al momento del prelievo e quelle conteggiate”) che la società potrebbe riscontrare decorsi anche venti giorni dal loro accadimento.
Di particolare interesse, invece, quanto indicato in tema di prescrizioni inerenti alla cancellazione delle immagini.
Col provvedimento del 2010, di cui si è dato conto, si indicava, infatti come si dovesse operare in maniera da prevedere l’integrale cancellazione automatica delle informazioni allo scadere del termine previsto.
Di più, al fine di garantire quanto sopra si prevedeva che si potesse anche provvedere a sovra-registrazione, con modalità tali da rendere non riutilizzabili i dati cancellati.
Occorre in ultimo sottolineare come la mancata ottemperanza al rispetto dei limiti temporali statuiti dall’Autorità Garante sia sanzionata con multe che vanno dai 30.000 ai 180.000 euro.
a cura dell’avv. Luca Bellezza
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