I reati pedopornografici nell’epoca di facebook

I reati pedopornografici nell’epoca di facebook

Solo pochi mesi fa nei media della Gran Bretagna, ha avuto vasto eco la vicenda di un video a carattere pedopornografico, condiviso per alcune ore da molti frequentatori del social network Facebook, i cui amministratori si sono trovati costretti a bloccare la procedura di condivisione dello stesso.

Il filmato in poche ore, infatti, aveva ottenuto quasi quattromila ‘mi piace’ ed era stato condiviso da oltre sedicimila persone.

Orbene, al di là dei naturali sentimenti di indignazione che simili vicende possono e devono avere nell’opinione pubblica, la vicenda appare di notevole interesse, in quanto più di un osservatore si è chiesto quale sarebbe potuto essere la ricaduta penale dell’accaduto se, tra le migliaia di utenti facebook che avessero condiviso quel video, vi fossero stati cittadini italiani.

L’ordinamento interno, infatti, è tra i più severi al mondo in tali tematiche, tanto più che, oggi, a seguito del recente inasprimento normativo, avutosi con l’approvazione della legge 1 ottobre 2012 n. 172 avente ad oggetto la“Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno”, si è peraltro determinato il principio, di carattere generale, dell’impossibilità di far valere la non conoscenza della minore d’età della persona ritratta nelle immagini.

Ora, a prescindere dal fatto che, secondo una certa interpretazione restrittiva della normativa, anche gli stessi amministratori del social network potrebbero essere ritenuti responsabili del reato di divulgazione di materiale pedopornografico in Italia, va detto che, chi avesse condiviso il file, avrebbe potuto rischiare una sanzione detentiva.

La “condivisione di file”, infatti, attuata così come nel caso di cui stiamo parlando, tramite chat o social network, può ben rientrare secondo la giurisprudenza più recente (si veda Cass. Pen. Sent. 35696 del 03.10.2011) nel reato di cessione o offerta gratuita di materiale pedopornografico prevista dal comma 4 dell’art. 600 ter c.p, oppure, per alcuni, anche nella fattispecie più grave di divulgazione, che si ha “quando il soggetto consenta a chiunque si colleghi la condivisione di cartelle, archivi, documenti contenenti foto pornografiche, deve ritenersi integrato il delitto di cui all’art. 600 ter c.p., c. 3”.

Infatti, è pacificamente ritenuto che, ormai, non soltanto la condotta che avvenga mediante l’utilizzo di appositi programmi di scaricamento da internet, consentendo perciò la condivisione con altri utenti integra il reato di divulgazione di materiale pedopornografico, ma che vi possa rientrare anche l’ipotesi in cui un soggetto inserisca foto pornografiche minorili in un sito accessibile a tutti e le stesse siano poi propagate inviandole a gruppi o liste di discussione da cui chiunque possa condividerle.

Si tratta, peraltro, in entrambi le ipotesi, di reati che prevedono una dura sanzione detentiva quale la reclusione fino a cinque anni nel primo caso ed a tre nel secondo..

Inoltre, anche se a taluni potrebbe apparire sproporzionato, è bene evidenziare che, in linea teorica, anche chi l’aver semplicemente effettuato il “like” su Facebook, seppur senza condividere il filmato, potrebbe avere come conseguenza il rischio di essere perseguito penalmente.

L’ordinamento in tema di pedopornografia virtuale, ha infatti, come poco sopra si è avuto modo di accennare, introdotto a mezzo della legge 172 del 2012 un nuovo articolo nel codice penale, ovverosia l’art 414 bis, che punisce il comportamento di chi istiga o fa apologia dei reati di pedopornografia, con pene da un anno e sei mesi sino a cinque anni.

Si tratta della cd pedofilia culturaleche si realizza allorquando qualcuno faccia apologia di uno o più delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater e 609-quinquies

Il “like” (nonché la stessa condivisione, se non si ritenesse rientrare nelle fattispecie precedenti) potrebbe pertanto ben rientrare in questo caso.

Occorre, allora, porre estrema attenzione da parte degli internauti italiani, soprattutto da parte dei più giovani, nell’adottare comportamenti magari a loro avviso solamente goliardici ma che, alla luce di quanto sopra evidenziato, potrebbe avere poi conseguenze anche molto gravi.

avv. Luca Bellezza – luca.bellezza@firenzestudiolegale.it

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